"Beppe Cantarelli: Ascolta l'anima.
Una vita per la musica
"

Cantante, musicista, arrangiatore, compositore di testi e partiture per grandi
interpreti italiani e stranieri (autore di "I still believe" di Mariah Carey
con il quale ha vinto l'ASCAP Music Award e di "Another Night" interpretata
da Aretha Franklin ed eseguita in anteprima ai Grammy nel 1986), Beppe Cantarelli
è un artista affermato negli Stati Uniti e vive tra Los Angeles e Busseto, sua città natale.
Raggiunto il successo con il genere pop, ha scelto di dedicarsi alla musica di
ispirazione religiosa. Ho incontrato Beppe Cantarelli in occasione del laboratorio
"I colori della fede", una serie di incontri di approfondimento sul rapporto tra fede ed arte,
organizzato presso la comunità "La Parabola" di Saronno lo scorso 18 novembre.
Egli vi arriva in modo un po' rocambolesco, ancora scosso, dopo essere stato coinvolto
in un grave incidente stradale in cui fortunatamente non ha riportato danni. Uscito fuori strada,
l'auto completamente distrutta, è "sfuggito" al controllo dei medici per poter partecipare
all'incontro, per raccontare la sua storia di artista e del motivo di una scelta così radicale

SARONNO - Questo articolo non è un'intervista. E non è neppure il resoconto
di un convegno. E' semplicemente il racconto di un incontro particolare, nato sul filo invisibile
che collega un artista, la sua opera e l'esecutore o l'ascoltatore di una sua composizione.
Beppe Cantarelli, un nome che giè riassume un destino, esordisce così

"Quarant'anni fa avevo un rapporto completamente diverso con la musica. Ho cominciato
a suonare perchè "si cuccava meglio", poi ne sono rimasto contagiato e la Musica
pian piano è diventata preponderante. Da quando ho iniziato a prenderla sul serio,
ne sono diventato schiavo, dipendente. Se ho uno straccio di fede adesso è perchè
ho la Musica. Per ora questo è il solo modo che conosco per raggiungere Dio.


Tu sei partito da Busseto, la terra di Verdi...
Si, ma poi mi sono avvicinato al pop perchè era il genere più immediato, quello che si
eseguiva di più al liceo, dove suonavo con una piccola band. Mi sono trasferito a Milano dove ho
mosso i primi passi: all'inizio ho suonato con una band (I Quid n.d.r.) e poi nelle sale di incisione,
dove, attraverso l'incontro con grandi artisti, ho cominciato a comporre ed arrangiare. Insomma,
il solito iter per imparare questo mestiere e per sopravvivere in questo mondo e questo periodo
mi è servito per accumulare esperienze. Non sempre facevo la musica che mi piaceva ma
all'epoca non ero così selettivo. E poi, ringrazio Dio perchè ho sempre avuto la
possibilità di vivere di questo mio lavoro, di questa mia passione, cosa che per voi, ahimè,
non è così facile. Fare questo lavoro a tempo pieno, per me è stato davvero un regalo.


Quindi, dicevi che hai potuto sperimentare moltissimo...
Si, e ora posso dire, come dicono gli Americani: "I can put my money where my mouth is" che in slang
vuol dire: posso dimostrare coi fatti quello che dico. E cioè che, verso la fine degli anni '70-80
ero giunto all'apice come arrangiatore, compositore e produttore per i più grandi musicisti italiani.
Poi però ho ricominciato da capo. Ero stanco di sentirmi dire che ero "troppo americano", quindi
un giorno mi sono detto: "Beh, andiamo la e vediamo cosa succede. Mal che vada mi diranno che sono
troppo italiano". A partire dal mio commercialista fino ai miei genitori, tutti diventavano pazzi
per questa mia scelta. Tuttavia devo dire che la mia audacia, chiamatela se volete arroganza, è
stata premiata. Questa bella esperienza è continuata ed anche la in America ho avuto la fortuna
di lavorare con grandissimi artisti. Poi, verso il 2000, mi sono reso conto che questa grande passione,
a cui mi ero avvicinato per fini meno nobili, era diventata la mia vita, tanto che, se non facessi musica,
dopo 6 mesi mi spegnerei.


Ed è questa consapevolezza che ha fatto maturare in te l'idea
di "cambiare vita" e "cambiare musica"?

Beh, nel frattempo avevo iniziato una nuova esperienza. Era il 1993, durante il periodo natalizio
avevo alcuni giorni liberi e, visto che per me l'hobby più rilassante è la musica, ho composto
"Mentre il silenzio", il mio primo brano corale (scritto su un testo di David Maria Turoldo). Questo lavoro
mi piaceva, mi faceva stare bene. E allora mi sono chiesto: "Perchè non farlo a tempo pieno?
C'erano però dei "fattori logistici" di cui tenere conto e cioè che, per fare questo tipo
di musica, bisogna spendere più di quello che si guadagna. Tuttavia ero giunto ad un punto in cui,
in un certo senso, potevo permettermelo. Naturalmente è stato un passaggio che ho fatto in modo graduale,
un percorso di cui diventavo man mano sempre più convinto perchè il mercato discografico non mi
offriva più soddisfazioni. Sentivo i discografici che mi dicevano: "No, così non va, questo suono
è troppo bello. Ci vuole un suono "sfigato". Io ho sempre lottato per migliorare in quello che facevo,
nella mia vita così come nella mia musica. E loro mi chiedono di tornare indietro! Questo era ed è
quello che voleva l'establishment: "Meglio usare lui che suona la chitarra da due mesi perchè ti riesce
a dare qualcosa di nuovo". Certo che ti da qualcosa di nuovo, non sa che (sic) fare!


Quello che ci hai raccontato spiega i motivi che ti hanno portato dalla musica "secolare"
alla musica sacra. Ma come è successo? C'è stato un episodio particolarmente significativo
che ti ha indicato la direzione?

Mi stai chiedendo se ho visto la luce sulla via di Damasco? No, per me è stata una cosa naturale,
qualcosa che probabilmente avevo già dentro e che è stato accentuato dal momento che stavo vivendo.
"Facciamo finta che sia sempre Natale" mi sono detto. E poi la musica non era più un bisogno:
ero stato preso dalla Musica. Come dicevo, sono nato a Busseto e li la Musica era dappertutto.
Andavi in giro per le strade, dal barbiere, e davvero sentivi l'opera nell'aria. Fin da bambino cantavo
nel coro della parrocchia: Bach, Mozart e naturalmente Verdi, che era di dovere altrimenti ti scomunicavano!
Ad un certo punto, sono intervenuti altri fattori. Ero impegnato a studiare, a imparare e non ho badato all'Essenza:
forse mi sono distratto un attimo... Però, se a questa Essenza ci sono arrivato è stato grazie
alla Musica. Sono certo che se ora ricevessi un certificato di redenzione ci sarebbe scritto "via musica".
Infatti penso di avere una fede tra le più scalcinate ma con la musica sacra, quella che compongo
in certi momenti, quando trovo alcune soluzioni, sento veramente di essere parte di qualcosa di grande,
più vicino a Dio. Inoltre io amo le persone e mi piace che si sentano bene quando ascoltano le mie
composizioni: se sono qua e non in ospedale è perchè preferisco stare con voi. Assorbo le vostre
energie e se vi do' qualcosa, allora ben venga...


Hai parlato della crisi della discografia, della musica che è diventata "leggerissima".
Eppure ci saranno degli artisti che trasmettono ancora dei valori!

Certo, ci sono delle eccezioni che...confermano la regola, ma queste eccezioni stanno diventando rarissime:
è una crisi creativa. Ci vengono a dire che la colpa di tale crisi è del free downloading e della
pirateria ma, io oggettivamente affermo che è una crisi creativa e ve lo posso dimostrare:
per ottenere finanziamenti dalle banche è necessario presentare delle garanzie, i "collaterali":
l'unico, vero "collaterale" fin da quando è nata l'industria discografica, è il catalogo
(le canzoni di qualità, quelle che garantiscono successo di vendita, n.d.r.) Pensate ai cinque
ragazzi di Liverpool: dopo 40 anni le loro canzoni, rimasterizzate, sono diventate il CD (One n.d.r.)
più venduto al mondo. Un CD di canzoni composte 40 anni fa con arrangiamenti preistorici!
Gli artisti degli anni '90, invece, non fanno catalogo. Chi ha registrato un'interpretazione di un
brano di Madonna a parte Madonna? E pensate invece quello che è successo con "Yesterday".
L'essenza di questa nostra industria non è più la canzone, la musica di qualità:
questa è la vera crisi.


Manca l'ispirazione?
No, quello che manca è l'establishment che porta l'artista ad andare avanti. C'era una battuta
che circolava negli anni '90 in America: "Se vuoi far firmare un contratto ad una nuova band, accertati
che non suonino la chitarra da più di 3 mesi".


Tipo le "Lollipop" o i "Take that"...
Mi riferisco alla roba di plastica, quella che non "graffia" la superficie. Sono canzoni costruite bene,
per carità, ma senza contenuto: l'apoteosi della mediocrità. E questo è il segno che stiamo
vivendo in una società decadente. Le arti rispecchiano lo status della società in cui viviamo:
ti va ancora bene se hai la Pausini!


Però anche la Pausini ha vinto i Grammy Awards.
Ci sono stati degli esperti del settore che ne hanno colto i valori, la qualità...

Io sto considerando la situazione in prospettiva storica. Artisti come la Pausini hanno un minimo di mercato.
Sono supportati da un'infrastruttura colossale, dal potere del marketing. Oggi sono i volumi di vendita che
dettano legge al reparto creativo. Ma che democrazia è? Che democrazia sono 300.000 copie vendute su
un mercato di 56 milioni di persone come quello italiano? In Italia non so quanti artisti riescano a raggiungere
le 500.000 copie, eppure si dice che hanno venduto tantissimo! Che fanno trend! E tutti gli altri?
Questi artisti sono gli unici di cui la discografia ci parla. Tutto il resto è costituito da mercati
di nicchia che vanno dalla "musica di plastica", da "fast food" alla musica cristiana. La gente comune,
che costituisce la maggioranza degli ascoltatori che non sono "addetti ai lavori" può essere altamente
condizionata. Fai ascoltare la stessa canzone un po' di volte, la condisci con qualche elemento e qualche
trucchetto giusto ed ecco che diventa un grande successo!


Quindi è importante acquisire un gusto, una cultura musicale!
Certo! E, soprattutto, l'arte non può semplicemente voler dire: "Faccio quello che piace a voi,
cittadini di un determinato Paese", quello che in gergo viene chiamato "territorio". Perchè, invece,
un artista non può prendere l'ascoltatore per mano e portarlo un po' più avanti? La storia ci
insegna che l'artista più grande è colui che ha trovato l'aurea via di mezzo, quella di dare
al pubblico quello che vuole e contemporaneamente educarlo. Un musicista deve "illuminare" il suo pubblico.
Quando scrivi musica usa e getta, è perchè vuoi fare numeri, fare soldi. In questo modo fai
"terra bruciata". Gli editori, i discografici verso la fine degli anni 80 spudoratamente dicevano:
"Noi non andiamo più in giro con valigette piene di bei pezzi, noi piazziamo carne umana!"
Fortunatamente però questa crisi dell'establishment, della discografia porta anche i suoi lati positivi.
La gente è stanca, vuole qualcosa di diverso e chissà che da questo non nasca qualcosa di buono.
La Musica ha la forza per andare al di là delle parole. E' lo strumento più universale che abbiamo
per comunicare. Un grande artista con cui ho lavorato, Quincy Jones, mi ha detto: "La musica è costituita
da una serie di vibrazioni che ti colpiscono. Quando la musica si unisce alle parole, come nel canto, rimani
colpito due volte, in tutto il corpo". Oserei dire che S. Agostino intendesse proprio questo quando disse:
"Quando canti preghi due volte". Proprio perchè unisci le parole alla musica: due vibrazioni in una".


Come definiresti il genere musicale delle tue composizioni?
Lo chiamo "classical crossover" non si tratta propriamente di musica classica ma di composizioni dal sapore
classicheggiante che creo tornando alle radici della nostra cultura attraverso i filtri delle mie esperienze,
compresi i Beatles di quando avevo 14 anni. Sviluppo sia la musica classica sia il jazz, le due grandi correnti
musicali della nostra cultura, a volte combinandoli. Per quanto riguarda il testo, scrivo composizioni di musica
sacra, basate cioè su testi sacri o su momenti della messa, e brani di introspezione che chiamo "inspirational":
sono testi che vengono dall'anima e che, toccano l'anima di chi li ascolta. Torno sempre a quello che dice la mia
anima. Proprio come dice la mia canzone "Ascolta l'anima" che racchiude il punto dove mi trovo adesso.
Sono convinto che questa musica venga dalla mia anima altrimenti non riuscirei a scriverla.


Ci hai parlato di "Mentre il silenzio", il tuo primo brano corale di ispirazione sacra. Come nascono
queste tue canzoni? Ti basi sul testo? O nasce prima la partitura?

Per quanto riguarda "Mentre il silenzio" il testo non l'ho trovato io. Mi è stato passato da
un sacerdote che aveva sentito alcune mie composizioni strumentali, di quelle che, appunto, scrivevo nei
momenti liberi, per rilassarmi. Mi ha chiesto di provare..Quando visto le parole ho cercato le emozioni.
Proprio come quando componi per la colonna sonora di un film: è il regista a chiederti di mettere
della musica per accompagnare le scene sullo schermo. Nel caso di un testo devi analizzare ciò che
ti dicono veramente quelle parole e tirarne fuori le emozioni con la musica. Bisogna che musica e parole
siano un'entità sola. Tocca a te combinarle affinchè sembri che siano nate insieme. Io amo il momento
della composizione, quei brevi sprazzi di pseudo-perfezione che ci vengono concessi in quanto esseri umani
imperfetti. E' il momento in cui sei veramente libero di creare, libero con te stesso. Purtroppo questo momento
dura pochissimo perchè ormai in 10 minuti riesco a creare una partitura. Basta trovare quella che io
chiamo intuizione: la chiave di lettura che io devo solo scoprire, perchè c'è già,
da qualche parte, nella mia anima.


Se dovessi pensare alla colonna sonora della tua vita, che genere sceglieresti?
Veramente non ci ho mai pensato, è una bella domanda. Però penso che combinerei musica
classica e jazz. E sarebbe un concerto con movimenti diversi come la mia vita...


LINK DIRETTO DELL'INTERVISTA

STAMPA  INTERVISTA